Simon Gietl Pakistan

LOWA PRO Team Simon Gietl

Da tarlo ad alpinista

Può darsi che la carriera profes­sionale di Simon Gietl sia costellata di scelte sbagliate, la sua vocazione invece l’ha trovata su un terreno del tutto diverso. L’al­pinista e guida alpinista altoa­tesina vive insieme alla sua famiglia a Lutago: è qui che può dare spazio alla sua passione, per cui lo troverete per lo più sui monti circostanti. Un’escursione sulle Dolomiti, una spedizione in Groen­landia, Patagonia o sull’Himalaya o un’ar­ram­picata sulle pareti più svariate del globo: Simon Gietl è l’av­ventura fatta persona. Eppure per lui quello che conta davvero non è solo arrivare in cima ma vivere l’es­perienza nella sua totalità.

L’amore di Simon per la montagna è maturato con il tempo. Prima di innamorarsi dell’ar­ram­picata a 18 anni ha completato l’ap­pren­distato come falegname. Tre anni dopo le prime esperienze in verticale, l’ex « tarlo » si era finalmente innamorato della montagna. Da quel punto in poi la sua carriera profes­sionale è stata inar­res­tabile.

Ciò che conta di più, sulla roccia come sul ghiaccio, è in primo luogo la sfida a sé stessi, fisica e mentale. Simon Gietl ama le vie di roccia e di ghiaccio in cui vivere di persona il motto di Wolfgang Güllich « Il muscolo più importante nell’ar­ram­picata è il cervello ». « Alleno il corpo e la mente con l’intento di lasciare le mie tracce sulle pareti alpine », dice di sé stesso. Grazie a queste tracce nel 2016 si è già conquistato la « Grignetta d’oro », il premio come miglior alpinista italiano.

Fatti e dati

Data di nascita:
05.11.1984
Luogo di nascita:
Bruneck Südtirol
Paese d’origine:
Luttach im Ahrntal
Professione:
Guida alpina e sciistica abilitata
Punto d’ar­ram­picata preferito:
Dolomiti
Montagna locale:
Schwar­zenstein
Altezza:
1,77 m
Peso:
68 kg

Simon Gietl,
Ti diamo il benvenuto ufficiale nel team LOWA PRO. Come sei entrato a far parte della nostra squadra?

« Nel 2013 ho fatto un viaggio con Hans Kammer­lander, che mi aveva chiesto di accom­pagnarlo in un progetto speciale: conquistare le vette più alte di tutti i continenti. Nel 2013 era il turno del Canada, con il monte Assiniboine. Ovviamente è stato un grande onore partecipare a una spedizione insieme a uno sportivo come Hans, che tra l’altro indossava il modello LOWA LATOK. Va da sé che durante il nostro viaggio abbiamo parlato anche di calzature per le spedizioni e in quel­l’oc­casione ho avuto modo di conoscere LOWA. Poi Hans mi ha messo in contatto con diverse persone che lavorano per l’azienda, e qualche anno dopo eccomi qua. »

Facciamo un passo indietro. Come hai iniziato a praticare l’al­pinismo?

«È una storia interessante. Ho cominciato ad arram­picare a 18 anni. Partii da Bad Doberan e arrivai a Brunico facendo l’autostop. Il destino ha voluto che a darmi un passaggio fosse un signore di una certa che età che era appena stato sulle Tre Cime di Lavaredo. Aveva partecipato a una spedizione e mi raccontò com’era andata, le sensazioni che aveva provato lassù e le esperienze che si portava a casa. La sua storia mi affascinò a tal punto che decisi di iniziare ad arram­picare. Le cose sono andate proprio così.

E poi a scuola ho sempre fatto molta fatica. Non capivo le materie e gli insegnati non hanno saputo prendermi per il verso giusto. Allora fare sport – corsa, calcio e mountain bike – è stato fondamentale per riuscire a superare un momento di grande difficoltà. Eppure l’at­tività sportiva non è mai riuscita a darmi le risposte che cercavo. Le cose sono cambiate dopo il viaggio in autostop e la mia prima arram­picata. Quella sera, poco prima di andare a dormire, ho capito che era esat­tamente quello che stavo cercando da tanti anni. Da allora una cosa è certa: le Tre Cime di Lavaredo sono la mia casa. »

Che cosa ti affascina dell’al­pinismo?

« Per me l’al­pinismo significa senza dubbio muoversi e stare all’aria aperta. Ma ciò che mi motiva e mi stimola più di ogni altra cosa è che in questo sport sei tu a dettare le regole. Sei tu a decidere come affrontare la montagna e come vivere la tua esperienza, del resto lassù non ci sono segnali stradali a indicarti la via. Essere « giudice » di me stesso – a volte un po’ troppo severo, lo ammetto – mi sprona e mi rende davvero felice. »

L’al­lenamento è una parte essenziale della vita di un’atleta. Come ci si motiva ogni volta ad alzarsi dal divano?

« La mia fortuna è che mi piace da matti allenarmi. Non ricordo una volta in cui abbia dovuto costringermi a fare la sacca e a uscire di casa. Di solito un atleta si fissa un obiettivo. In questo momento per me è importante riuscire ad allenarmi. In genere ho due o tre grandi progetti all’anno per cui mi preparo di conseguenza. Quando ho le idee chiare sugli obiettivi che voglio raggiungere, ce la metto tutta per farcela. A quel punto non è un problema fare delle cose che non mi piacciono, in quanto so che sono fondamentali e che posso trarne vantaggio. »

Come di prepari ai tuoi tour? Hai un rituale particolare?

« Per prima cosa bisogna chiedersi cosa sia davvero necessario per realizzare un progetto specifico, ad esempio un’ottima tecnica o piuttosto molta resistenza? I preparativi dipendono dalla risposta a questa domanda. Prendiamo « Nord Drei », un mio progetto dell’anno scorso. L’obiettivo era chiaro: un’escursione notturna sulle Tre Cime di Lavaredo e sul Großglockner, con uno spos­tamento in bicicletta. 48 ore in movimento senza soste. Una cosa la sapevamo: essendo alpinisti e arram­picatori esperti, il problema non sarebbero state le montagne, quanto i 400 chilometri che le separano. E siccome non sono un ciclista profes­sionista sapevo che in primavera avrei iniziato a macinare chilometri su due ruote. Quando so cosa fare, non ci penso su troppo, lo faccio e basta. E poi mi capita spesso di essere quasi arrivato a casa e di decidere di allungare ancora un po’, perché dopo sarò felice di averlo fatto. »

Che cosa porti sempre con te durante i tuoi tour? Qualcosa di insolito?

« In realtà ho un angelo custode che è sempre al mio fianco: la mia famiglia. »

Di solito qual è il tuo primo pensiero quando tagli un nuovo traguardo?

« Quando sei riuscito nel tuo intento, di pensieri non ce ne sono molti. Certo, sei contento di avercela fatta. È fondamentale provare questa felicità e riuscire a lasciarti alle spalle il tuo progetto. In realtà la soddisfazione arriva solo una settimana dopo, se non addirittura più tardi, nel momento in cui raggiungi la pace interiore. Si tratta di un aspetto fondamentale su cui mi sono concentrato molto negli ultimi anni. Il picco massimo di felicità è spesso molto breve: bisogna imparare a goderselo davvero perché lo viviamo una volta sola. Non di rado succede di arrivare in cima, è andato tutto bene ma non si vede l’ora di ridiscendere. Non c’è nulla di male, ma il momento speciale finisce lì, e non torna più. Per questo è fondamentale goderselo davvero appieno. »

Qual è il tuo tour preferito?

« Il mio tour preferito, ricco di significato per me e la regione delle Dolomiti, si chiama « Can you hear me? ». L’ho pensato insieme al mio migliore amico che poi purtroppo è mancato. L’idea era sua e gli avevo promesso di fare il tour insieme a lui, poi però il destino ha voluto diver­samente. Per prepararmi a questo tour nessuno sforzo sarebbe stato troppo alto, e lo avrei completato a qualsiasi costo. Per me era fondamentale mantenere la parola data. »

C’è un luogo da vedere almeno una volta nella vita?

« L’Alto Adige e le Tre Cime di Lavaredo. Sono un privilegiato: ho già visitato molti Paesi e scoperto tanti posti nuovi, eppure non farei mai a cambio con le Dolomiti o l’Alto Adige. Il mio cuore batte per questi luoghi. »

Che cosa significa per te vivere?

« Per me vivere significa essere liberi. Vivo appieno ogni giorno perché non so quanto tempo ho ancora a disposizione. È ciò che conta davvero, anche quando le cose non vanno come vorrei, ad esempio nei miei progetti. In questi casi è fondamentale rialzarsi e continuare a lavorare, del resto ogni giorno ci porta nuove oppor­tunità. Abbassare la testa ed essere pessimisti non aiuta molto, si possono trarre conclusioni positive anche dalle sconfitte. »

Hai un mantra o una perla di saggezza personale?

« Dopo il mio incidente abbiamo scritto una frase sulla parete su cui mi alleno: sentiti forte, ma non immortale. Spero di non dimen­ticarmelo mai. »

Hai altre passioni oltre all’al­pinismo?

« Non c’è dubbio: una giornata con la mia famiglia vale quanto una giornata in montagna. E non ho bisogno di autocon­vincermi, mi viene naturale. Tutto deve essere in equilibrio. »

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